sabato 14 aprile 2012

La bellezza ideale come quella di Frine vista dagli artisti nella civiltà greca


Quante volte durante i nostri discorsi o dopo aver guardato una stupenda ragazza che attraversa la strada, abbiamo sentito o magari detto che quella è una ragazza “bella come una Dea greca” oppure è bella come la Venere di Milo.

Questa idea, questo culto della bellezza ideale, fisica era profondamente radicato nei cittadini dell'antica Grecia. Una persona dotata di una particolare avvenenza, era considerata da tutti “cara agli Dei” cioè un essere privilegiato e amato dagli stessi Dei.

La bellissima Frine, una donna cara agli Dei greci.

A conferma di quello detto sopra si ama citare molto spesso da parte degli storici un episodio famoso, conosciuto come il processo a Frine. Questo è il nome di una donna che era considerata dal popolo la più bella cortigiana della città di Atene o addirittura di tutta la Grecia.

Numerosi pittori e scultori greci, facevano quasi a botte per averla come modella nei loro studi artistici per le loro statue o i loro quadri che spesso raffiguravano la Dea dell’amore e della bellezza, cioè Venere. Frine che era consapevole della sua bellezza, amava l’arte e spesso posava senza esigere alcun compenso. Le bastava questo omaggio alla sua bellezza, una bellezza come si direbbe oggi “naturale, acqua e sapone” che non aveva bisogno di artifici per essere messa in risalto, al contrario delle altre cortigiane greche, che avevano bisogno di truccarsi, di indossare abiti provocanti e adornarsi di gioielli vistosi. Frine con il suo viso pulito, gli abiti castigati e il portamento austero era mille volte più affascinante di tutte le altre. Era il modello reale e vivente dell’ideale di bellezza dei Greci e cioè la perfetta armonia e la misura.

Su in alto vediamo la Venere di Cnido scolpita nel marmo dal famoso scultore greco Prassitele. Questa può essere considerata una immagine di Frine in quanto era la modella preferita di questo grande scultore. Nell'immagine che vediamo, la figura è così piena di grazia e di riserbo che quasi non ci si accorge della sua nudità.

Ma questa donna cosi bella e stupenda come succede spesso anche per invidia, aveva molti nemici che chissà con quali prove, la trascinarono in tribunale sotto l’accusa di “empietà”, cioè di oltraggio agli Dei. Infatti a dire dei nemici di Frine, non si era forse paragonata a Venere, andando così fiera della propria bellezza?

Invano Ipèride il più famoso avvocato del tempo, sfoderò la sua abilità in difesa dell’imputata, e la causa sembrava ormai persa. Allora non sapendo più cosa fare e dire l’avvocato prese una decisione inaudita: con gesto energico e quasi teatrale, strappò l’abito dal corpo della bellissima Frine, che rimase vestita unicamente della sua straordinaria bellezza. Poi, rivolto ai giudici allibiti e a tutti i presenti chiese se pareva loro possibile che una donna tanto bella e perciò molto cara agli Dei, si fosse resa colpevole di un tale sacrilegio.

L’argomento fu decisivo, infatti i giudici giudicarono innocente la cortigiana. Per i Greci bellezza ed “empietà” erano incompatibili.

Bellezza e armonia

I Greci non attribuivano alla bellezza un significato puramente esteriore. Bellezza era secondo loro il risultato di una perfetta armonia tra qualità spirituali (intelligenza, equilibrio e saggezza) e qualità fisiche. E Frine si poteva dire bella appunto perché possedeva tutte queste doti. Ad esempio una donna bella ma vuota e poca intelligente, non avrebbe potuto rappresentare l’ideale greco della bellezza e della grazia femminile.

Per i Greci un corpo “sgraziato”, era come un opera incompiuta.

Questo ideale trasferito nell’arte, trovò la sua massima espressione nella scultura e specialmente nelle statue femminili. In queste opere la bellezza delle forme si fonde intimamente alla spiritualità.

Non c’è nulla di sensuale o di grossolano in questi corpi nudi o appena velati. Nelle famosi Veneri greche si trovano armonizzate tutti gli attributi della femminilità come il fascino enigmatico della Dea, l’armoniosa compostezza della matrona, la grazia piena di riserbo della fanciulla. Esse sono rimaste da millenni il modello o meglio il simbolo della bellezza ideale. Sotto vediamo la Venere di Milo collocata a Parigi nel Museo Louvre.




E la possiamo confrontare con una Venere molto più “moderna”, quella di F. Messina conosciuta come il Torso di Venere. Non possiamo fare a meno di notare come quest’ultima risulti più agile e scattante, con quei fianchi stretti, il busto da adolescente e le gambe molto affusolate. È una Venere vista con la sensibilità moderna, una bellezza svelta e dinamica dei tempi moderni, che si contrappone alla figura morbida, tornita, un po’ indolente della tipica donna greca. Bella, serena e senza complessi.




Qualche piccola curiosità

La curiosità a proposito di alcune statue greche è che queste erano colorate, dipinte con bellissimi e sgarcianti colori. Quindi non come siamo abituati spesso a vedere una statua magari nei Musei dell'arte, con quel gelido e freddo colore bianco marmoreo.

 
Purtroppo col passare dei secoli, esse hanno perduto la parte superficiale del loro rivestimento, infatti le statue femminili soprattutto, venivano cosparse di una speciale cera di colore delicatamente ambrato, che, nelle intenzioni degli Artisti, doveva imitare quello dell’epidermide dorata dal sole e faceva contrasto con il colore vivace delle vesti.

Anche gli occhi, i capelli e le labbra delle statue sia maschili che femminili mediante del colore acquistavano un particolare risalto.

Per Noi è difficile immaginarle come erano in realtà, visto che siamo abituati ad ammirarli senza la suggestione del colore... Voi cosa ne dite?

Un saluto

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